CENNI STORICI
I versi del sonetto intitolato "Bellarrosa" di Vincenzo De Simone, descrivono gli aspetti geografici e storico-economici del suo paese natio.
L’attuale centro di Villarosa, sorge in terra di San Giacomo, ed il suo territorio si colloca, topograficamente, nella regione dei monti Erei, circoscritti tra il fiume Salso o Imera Meridionale e il suo affluente Morello. Il centro urbano, situato ad un livello altimetrico di 523 m. s.l.m., presenta uno schema di impianto urbanistico perfettamente regolare, quadrangolare, realizzato secondo principi di ortogonalità con strade che si dispongono paralleli ai due assi viari principali: il Corso Garibaldi, antica rotabile Palermo-Catania, con orientamento est-ovest e il Corso Regina Margherita con orientamento Nord-sud. Sin dai primi dell’ottocento, due erano i tronchi viari principali che attraversavano il centro abitato: l’antica Rotabile detta “Consolare” e quella proveniente da Villapriolo, con orientamento nord-sud, che tagliava il centro abitato e nell’ area del vallone Mastro Silvestro divergeva poi secondo tre percorsi.
La funzione originaria di queste strade era quella di consentire, nell’ambito stesso del territorio, un raccordo tra i vari Casali e il transito di derrate agricole e armenti verso le zone costiere, in particolare quelle meridionali dell’area agrigentina. Tale impianto urbanistico, sebbene sia caratterizzante per quei centri sorti soprattutto fra il XIII e XVI secolo, creati per volontà politica e in prossimità di confini da difendere, sembra trovare a Villarosa un legame con questo principio di regolamentazione urbanistica.
L’attuale centro di Villarosa è di giovane fondazione risalente,infatti, al 1762, a quando Placido Notarbartolo-Zati, figlio di Francesco e Angela Zati Denti, ottenne il 10 aprile dello stesso anno la “Licentia Populandi”, sovrano consenso che consentì al secondo Duca di Villarosa di erigere la nuova città, in principio con il nome di San Giacomo di Villarosa finché in seguito prevalse solo Villarosa.
Il paese ebbe un proprio insediamento in epoca medievale sotto Federico III d’Aragona con il nome di Casale di Bombunetto o Bombinetto, già attestato dal 15 febbraio del 1298, e menzionato anche nell’opera “I Capibrevi” di Giovanni Luca Barberi con il nome di “Bombonecte Feudum Bombunecte Muchulechi Lavanca de Madonna de Machauda Marcata” ubertoso per granaglie e per vini, situato nell’ambito geografico che prendeva il nome di “Val di Noto”, a nord-est di Caltanissetta e a nord-ovest di Piazza Armerina. Per tutto il secolo XIV appartenne alla famiglia Petroso di Castrogiovanni; in seguito il figlio di Teobaldo Petroso, Manfredi vendette il feudo a Nicola D’Anzisa da Calascibetta il primo luglio del 1407, e nel 1453 il nipote di Manfredi fu reinvestito del Feudo e del Casale che mantenne il suo originario nome arabo-aragonese, e che aveva come emblema uno scudo portante una rosa in un campo azzurro, racchiuso in un ovale formato da due fasce di spighe di grano che attualmente è lo stemma del paese. Il Casale, nel 1693 fu distrutto da un terremoto che colpì tutta l’isola e dopo alterne vicende Placido Notarbartolo-Zati, erigeva la nuova città riedificandola nei pressi del preesistente “Casale di Bombunetto”. Il sito si sviluppò nel medesimo luogo di quella contrada detta sant’Anna, che poi sino ad oggi verrà chiamata contrada Stanzie (o Stanze)-sant’Anna, dove esistono ancora il Palazzo Petroso – Salazar – Notarbartolo , e il rudere della chiesetta dedicata a Sant’Anna che veniva celebrata e festeggiata, con grande partecipazione di popolo e con un rito folclorico-religioso, il 26 Luglio. La baronia di Bombinetto territorio della futura Villarosa che incorporava i feudi S. Anna, Magobeci, Manca di Magaudo, san Francesco in mano al barone Giuseppe Petroso e Salazar di Castrogiovanni, sin dal 1674 fu acquistata da Francesco Notarbartolo appartenente ad un ramo cadetto dei Notarbartolo baroni di Vallelunga e artefice, dunque, della futura fondazione e della crescita economica della propria famiglia. Le terre furono ereditate dal nipote di quest’ultimo, Francesco Notarbartolo Giacchetto, figlio di Placido l’11 ottobre 1706, e così la zona dell’antico latifondo entrerà a far parte dei più ampi processi produttivi cerealicoli, già iniziati nella Sicilia spagnola cinquecentesca, consentendo alla Famiglia Notarbartolo di vivere la loro fortunata ascesa economico-sociale, tra la nobiltà di Castrogiovanni insieme ai Petroso, ai Giacchetto, ai Leto e ai Grimaldi.
Villarosa, pertanto, fiorì e si collocò nella parte centrale della Sicilia, in una vallata racchiusa dai monti circoscritti tra il fiume Salso e il suo affluente Morello, al termine del pendio nord del monte Marcasita tra la collina detta di sant’Anna ad est e quella detta del calvario nel torrente Vanello a Nord.
Ostilità, conflitti e cause giudiziarie, seguirono tra Castrogiovanni e la famiglia dei Notarbartolo, preoccupata di difendere i privilegi feudali e il suo ingente patrimonio fondiario, che agli inizi del ‘700 si estendeva dal fiume Salso, verso Castrogiovanni ad est; un territorio di non facile accesso, disabitato, caratterizzato dalla presenza dei latifondi e dall’allevamento.
Villarosa, appare per la prima volta con il nome di “Casale S. Giacomo Ville Roce”, nel memoriale del 20/06/1731 di Francesco Notarbartolo al viceré, scritto in spagnolo. Il termine, secondo il Prof. L. Di Franco, autore dell’ instancabile lavoro “Villarosa prima dello zolfo 1731-1825”, deriva dallo spagnolo “Villar” (villaggio) e “Roce” (di tratto familiare), dunque “Villaggio di Famiglia”; questo il motivo per cui, all’antico Casale di “Bumbunectum “ quello della “Baronia di Bombunettu”, il feudatario aggiungerà ora “San Giacomo Ville Roce”, conformemente al nome del santo protettore dei “Notarbartolo”. Con questa intitolazione i Notarbartolo vogliono quasi attestarne l’autonomia e la piena potestà, acquisita da parte della loro nobile famiglia. Si forma così come attestato dallo “Statuto Feudale dei Notarbartolo” il primo nome della nuova terra:-«Casale San Giacomo Ville Roce, de y nombrar conforme al santo protector de nuestra famiglia».
Nel 1766 i lotti di terra, costituenti il feudo di Villarosa della famiglia Notarbartolo, furono concessi a censo dal duca dello “Stato Feudale”.
Da un punto di vista etimologico, il termine “Villarosa” secondo il Dizionario Etimologico Italiano “Caracausi”, deriva nella prima parte dal latino “villa”, nel significato di casa di campagna, podere; nel significato medievale, invece, di piccolo centro rurale. Studi di toponomastica informano che, il toponimo Villarosa, nella seconda parte “Rosa” sembra derivare da “ros’à” (come erosione) e indicare luogo di sfaldamento calanchivo.
In conclusione, la fondazione di Villarosa si inserisce in un più ampio processo di crescita economica e sociale che si determinò nelle aree territoriali siciliane nella prima metà dell’ottocento, favorendo la nascita di una ristretta élite borghese e di diverse attività artigianali quali le canapaie, i saponifici, i cordari, oltre alle masserie di agricoltori e allevatori ai quali si aggiunsero gli zolfatari e i carrettieri, quando tra la fine dell’ottocento e i primi del novecento ebbe inizio l’attività estrattiva e la nascita delle miniere.
Il Comune, inizialmente basato sull’agricoltura e sull’artigianato, subì un risvolto positivo in campo economico che gli consentì di affermarsi sino alla metà del 1900 unicamente come centro minerario. Oggi delle miniere solamente un ricordo.